Maria Consiglia Rasulo
Sicurezza, monitoraggio di foreste, stima della biomassa e dell’umidità dei suoli, ghiacciai, archeologia, geologia, esplorazioni planetarie: sono alcune delle applicazioni del radar in banda P, un sistema di proprietà dell'Agenzia spaziale italiana (Asi), realizzato dal Corista e sperimentato con la partecipazione dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Cnr, il Politecnico di Milano e l’Università di Trento
E’ stata completata con successo l'attività di ricerca e sviluppo finalizzata alla realizzazione e sperimentazione di un sistema radar multifrequenza operante in banda P (frequenze inferiori ad 1 GHz), in particolare nelle bande VHF e UHF, di proprietà dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Il sistema, realizzato dal Consorzio di Ricerca su Sistemi di Telerilevamento Avanzati (CORISTA) e sperimentato con la partecipazione dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del CNR, il Politecnico di Milano e l’Università di Trento, è costituito da un sensore "sounder", operante alla frequenza di 150 MHz, e da due sensori "imager" operanti alle frequenze di 450 e 900 MHz. Grazie all'impiego di frequenze più basse rispetto a quelle delle bande "classiche" L, C ed X, il sistema radar realizzato permette di acquisire informazioni anche sullo strato sub-superficiale dell'area investigata.
L’interesse della Difesa verso l’esplorazione del potenziale offerto dall'impiego militare della banda P ha permesso, tramite i velivoli messi a disposizione dal Centro Sperimentale Volo dell’Aeronautica Militare, di effettuare la sperimentazione del radar, attraverso due campagne di volo, finalizzata ad investigare lo spettro applicativo di tale banda di frequenze con particolare riguardo all’analisi di aree terrestri.
Nell’ambito dell’esperimento l’IREA ha condotto le elaborazioni dei dati necessarie a fornire al radar in banda P la capacità di discriminare gli oggetti al suolo con dettaglio paragonabile a quello dell’occhio umano. Tali elaborazioni richiedono operazioni complesse di trattamento del segnale che, nel caso specifico di installazione su elicottero, hanno riguardato soprattutto la compensazione accurata degli errori di moto della piattaforma. “La capacità penetrativa dei radar in Banda P, ovvero di vedere in 3D anche attraverso la vegetazione o nel sottosuolo”, affermano Gianfranco Fornaro e Francesco Soldovieri, primi Ricercatori dell’IREA che hanno coordinato le attività dell’elaborazione dei dati sia della componente imager che sounder e la generazione delle immagini tra cui quella riportata in figura, “ha applicazioni rilevanti per la sicurezza, il monitoraggio di foreste, la stima della biomassa e dell’umidità dei suoli, come pure per i ghiacciai, l’archeologia, la geologia e le esplorazioni planetarie.”
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L’ampia diffusione dei fenomeni franosi, causata da cambiamenti climatici, uso incontrollato del suolo, urbanizzazione e deforestazione, è causa di un elevato numero di vittime e di ingenti danni economici. In Italia, in particolare, gli eventi franosi sono tra le principali cause di morte per calamità naturali.
È quindi evidente la necessità di approntare efficaci misure di prevenzione e mitigazione del rischio da frana tramite una conoscenza dettagliata della cinematica dell’evento franoso e in particolar modo della distribuzione lungo la massa in movimento delle velocità di spostamento.
In tale contesto, ricercatori dell’IREA (Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente) e dell’IRPI (Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica) hanno condotto uno studio sulla frana di Ivancich, nella città di Assisi, sfruttando dati acquisiti dai sensori SAR montati a bordo dei satelliti ERS ed ENVISAT dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e COSMO-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). In particolare, è stata utilizzata un’innovativa tecnica DInSAR sviluppata dall’IREA, denominata SBAS (Small BAseline Subset), che consente di generare mappe di velocità e serie storiche di deformazione in aree molto vaste sfruttando grandi archivi di dati SAR satellitari. I risultati ottenuti, validati con misure inclinometriche, sono stati utilizzati poi dai ricercatori dell’IRPI per analizzare l’evoluzione degli spostamenti del pendio instabile in un intervallo temporale di circa 20 anni.
La disponibilità di un così ampio archivio di dati SAR ha permesso di studiare con grande livello di dettaglio la relazione tra il fenomeno franoso e relativi fattori innescanti, quali le piogge, evidenziando l’assenza di correlazione tra queste ultime e i movimenti del suolo misurati da satellite. Inoltre, le misure di deformazione ottenute dall’analisi SBAS-DInSAR, opportunamente integrate con informazioni geologiche e dati in sito, hanno reso possibile lo sviluppo di un modello bidimensionale della frana, basato su un approccio agli Elementi Finiti, in grado di simulare l’evoluzione cinematica del fenomeno e, quindi, migliorarne la comprensione.
La ricerca è stata condotta nell’ambito del progetto FP7 DORIS e attualmente prosegue nell’ambito del progetto FP7 LAMPRE. I risultati di tale studio, riportati anche sul sito web dell’ESA (https://earth.esa.int/web/guest/pi-community/results), sono stati presentati nell’articolo scientifico "Enhanced landslide investigations through advanced DInSAR techniques: The Ivancich case study, Assisi, Italy", autori: Fabiana Calò, Francesca Ardizzone, Raffaele Castaldo, Piernicola Lollino, Pietro Tizzani, Fausto Guzzetti, Riccardo Lanari, Maceo-Giovanni Angeli, Fabrizio Pontoni, Michele Manunta, pubblicato sulla rivista internazionale Remote Sensing of Environment 142 (2014) 69-82.
Nella figura sono presentati i risultati più significativi relativi al fenomeno franoso analizzato. In particolare, in A è mostrata la mappa di velocità di deformazione ottenuta elaborando i dati dei satelliti ERS ed ENVISAT. Tali misure sono state validate con successo, utilizzando un dataset indipendente di misure inclinometriche effettuate lungo il pendio instabile (B). In C, sono riportati alcuni esempi di danni ad edifici e strade urbane rilevati durante campagne in sito. Infine, in D sono presentati i dati di pioggia raccolti nei pluviometri di Bastia Umbria e Cannara, utilizzati per valutare l’impatto delle precipitazioni sui movimenti del pendio.
“Space, a driver for competitiveness and growth”
27-28 February 2014 - Bari, Italy
“SPACE4YOU” è l’evento internazionale organizzato a Bari il 27-28 febbraio 2014 da Regione Puglia e NEREUS, the Network of European Regions Using Space Technologies.
Durante i due giorni di conferenze, spazi espositivi e workshop con i rappresentanti di Commissione Europea, Agenzie Spaziali, Università ed Enti di Ricerca e delle Regioni europee coinvolte in NEREUS per dibattere sul tema “Space, a driver for competitiveness and growth”, è stata evidenziata l’importanza delle tecnologie spaziali nella vita di tutti i giorni. I relatori hanno inoltre dimostrato quanto sia cruciale per le regioni europee l’utilizzo delle competenze e le applicazioni nel settore Spazio, al fine di favorire nuove opportunità di business e affrontare gli obiettivi sociali, economici e ambientali con strumenti efficienti e sostenibili.
Il programma includeva sessioni speciali per coinvolgere gli utenti finali, sessioni tematiche, tavole rotonde ed eventi speciali. La conferenza è stata anche l’occasione per stimolare e promuovere una strategia, a partire dal 2014, tesa a rinforzare un utilizzo continuo e sistematico dei dati e delle tecnologie spaziali in Europa.
In particolare, IREA-CNR ha presentato alcune attività di ricerca in due sessioni tematiche. Nella Sessione Space for Environment& Sustainable Energy, Massimo Antoninetti ha presentato le tecnologie di Osservazione della Terra utilizzate nel corso di due progetti di ricerca coordinati da IREA a supporto delle settore agro-alimentare nella Regione Lombardia. Il primo progetto Space4Agri viene finanziato nell’ambito dell’accordo quadro fra Regione Lombardia e CNR, il secondo progetto, ERMES, è invece finanziato dal 7 Programma Quadro della Commissione Europea.
Nella Sessione Space for Transport & Infrastructures, Francesco Soldovieri ha illustrato i risultati e le prospettive del progetto "Integrated System for Transport Infrastructures surveillance and Monitoring by Electromagnetic Sensing” (ISTIMES) finanziato nel 2007 dall’Unione Europea nell’ambito della Joint Call ICT-Security. Il progetto, della durata di tre anni con termine giugno 2012, ha riguardato l’integrazione di tecnologie di Osservazione della Terra e di rilevamento a terra per il monitoraggio e la rapida valutazione dei danni di infrastrutture di trasporto di interesse strategico. Il progetto ha ricevuto da parte della Commissione Europea i flags di: Highlight as a success/case story; High visibility/media attractive project; Substantial R&D breakthrough character .
La Fondazione Idis-Città della Scienza ha organizzato, per il 21 marzo 2014 a Napoli, una giornata di studio sui temi del cambiamento climatico e dei suoi effetti sul territorio, giornata che vedrà, tra le altre, la partecipazione del professor Thomas Stocker, Titolare della cattedra di “Clima e Fisica Ambientale” presso l’Istituto di Fisica, Università di Berna, (Svizzera) e Co-Chair del Gruppo di Lavoro I dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).
La giornata si articolerà in due momenti: al mattino è previsto un evento con alcune scuole di Napoli e della Campania mentre, nel pomeriggio, si terrà un incontro più ristretto, aperto agli esperti del settore di università, enti di ricerca ed altre istituzioni.
Nell'ambito delle Manifestazioni per festeggiare i 90 anni del Cnr, il Dipartimento di Ingegneria, ICT e Tecnologie per l'Energia e i Trasporti (DIITET) ha organizzato il 10 Dicembre 2013 a Roma un convegno dal titolo "La città sostenibile: innovazione scientifica e tecnologica per città efficienti, sicure e sane". Obiettivo dell'iniziativa era di presentare progetti, metodologie, strumenti ,messi a punto dagli Istituti afferenti ad DIITET, finalizzati alla realizzazione di città intelligenti tese a migliorare la qualità della vita.
Università degli Studi della Basilicata
Periodo: Novembre 2013 - Febbraio 2014
Programma del corso
L’utilizzo congiunto di dati satellitari e misure al suolo aiuta ad evidenziare le possibili risalite di magma precedenti la ripresa dell'attività eruttiva all’Etna. E’ quanto riporta uno studio nato dalla fruttuosa collaborazione tra il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e l’Agenzia spaziale italiana (Asi) che è stato recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports di Nature.
Capire la struttura interna di un vulcano e il suo funzionamento è uno degli obiettivi principali degli studi vulcanologici. Per fare questo i ricercatori possono basarsi solo su informazioni raccolte sulla superficie del vulcano e sull’analisi dei prodotti emessi (lava, gas, cenere, …). Lo studio, per la prima volta, utilizza sinergicamente le misure della deformazione del suolo, calcolate utilizzando dati raccolti da radar satellitari come Ers/Envisat e Cosmo-SkyMed, e le informazioni sulle piccole variazioni del campo gravitazionale misurate in prossimità della superficie del vulcano.
“Uno degli strumenti più importanti per la comprensione dei fenomeni che avvengono in profondità è lo studio delle deformazioni della superficie terrestre”, spiega Eugenio Sansosti del Cnr. “Deformazioni del suolo anche molto piccole, fino ad un centimetro, possono essere misurate dallo spazio utilizzando sensori radar ad apertura sintetica, chiamati Sar, montati a bordo di satelliti”.
È per questo che l’Etna è costantemente monitorato dai satelliti della costellazione dell’Asi Cosmo-SkyMed che dal 2009 acquisiscono con estrema regolarità, sul vulcano italiano.
Piccole variazioni della superficie terrestre sono l’effetto misurabile di vari processi geofisici, spesso complessi e sovrapposti. Tuttavia, nonostante l’estrema precisione delle tecniche Sar satellitari, non sempre fenomeni importanti, quali la risalita di magma in un vulcano, danno luogo a deformazioni del suolo significative.
“È proprio in questi casi che l’integrazione con altri dati fornisce i risultati più interessanti”, prosegue Sansosti. “Nel nostro lavoro, in aggiunta ai dati Sar, abbiamo utilizzato dati gravimetrici raccolti dall’Ingv. Con tali dati, che misurano le variazioni del campo gravitazionale, è possibile avere una stima delle masse magmatiche presenti sotto la superficie del vulcano. Questo permette di individuare fenomeni di risalita del magma anche se non causano deformazioni del suolo misurabili”.
Un lavoro che apre nuove prospettive per la comprensione del funzionamento dei vulcani. La risalita di magma, tuttavia, non è l’unico fenomeno che causa variazioni della superficie terrestre e del campo gravitazionale. “In un sistema vulcanico così complesso come l’Etna, molti sono i fattori che influenzano questi parametri”, spiega Gilda Currenti dell’Ingv “La capacità di creare nuovi modelli numerici che permettano, mediante simulazioni al computer, di separare i diversi fenomeni che avvengono contemporaneamente, permetterà di capire con maggiore precisione quando il vulcano inizierà una nuova fase eruttiva”. Ed è questa la sfida per il futuro.
Questo studio è stato co-finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana tramite il progetto Sar4Volcanoes che ha anche messo a disposizione i dati Sar acquisiti dai satelliti Cosmo-SkyMed. Per favorire la conoscenza dei fenomeni vulcanici, l’Asi aderisce all'iniziativa internazionale Supersites, mettendo a disposizione della comunità scientifica internazionale i dati della missione Cosmo-Skymed su alcuni vulcani nel mondo come Hawaii e Islanda.
Leggi l'articolo pubblicato sulla rivista Scientific Reports.
Il dramma recente della "Terra dei Fuochi", nonché i continui disastri ambientali che quasi ciclicamente avvengono in Italia (alluvioni, terremoti, etc.), mi hanno spinto a riflettere su cosa possa fare il mondo dell’innovazione e su quali tecnologie possano essere utilizzate in fase di monitoraggio e previsione di questi fenomeni. Possibile che nell’era della continua geolocalizzazione di tutto e tutti e del rilevamento satellitare nessuno si fosse accorti di traffici illeciti di rifiuti nel Casertano? Possibile che ancora oggi, cinquant’anni dopo la tragedia del Vajont non si riesca a monitorare i territori?
Antonio Savarese, giornalista del blog Che futuro! Lunario dell'innovazione, ne ha parlato con due esperti: Riccardo Lanari, direttore dell’Irea di Napoli e Raffaele Montella, ricercatore del dipartimento di Scienze applicate, dell’Università di Napoli Parthenope.
Leggi l'intervista completa sul sito Che futuro! Lunario delll'innovazione
Il prossimo 18 novembre l’ing. Chandrakanta Ojha, assegnista di ricerca dell’IREA e dottorando dell’Università di Roma ‘La Sapienza’, sarà al John F. Kennedy Space Center in Florida (USA) per assistere al lancio di MAVEN, la sonda diretta su Marte per esplorarne l’atmosfera. La notevole opportunità gli è stata offerta dalla NASA quale premio per il 2° posto raggiunto ad una delle competizioni lanciate dal Kennedy Space Centre nell’ambito dell’International Space Apps Challenge.
Il concorso, organizzato dalla NASA e 333 partners di tutto il mondo - incluse agenzie spaziali, enti di ricerca e Università - con lo scopo di produrre soluzioni a sfide globali rilevanti sia per la vita sulla Terra che nello spazio, si è svolto il 20 e 21 aprile 2013 e ha coinvolto circa 9000 persone in 83 città di tutto il mondo. I partecipanti hanno lavorato contemporaneamente nell’arco di 48 ore, formando team focalizzati sulla soluzione di una sfida particolare. Più di 770 sono state le soluzioni proposte e poi valutate da una giuria, composta da rappresentanti della NASA e di altre organizzazioni governative e non, che ha scelto le soluzioni migliori per i diversi tipi di premi, utilizzando quali criteri di giudizio, l'impatto, la creatività, la complessità, la collaborazione, il prodotto, la sostenibilità e la presentazione.
Presso l'Università di Roma 'La Sapienza' un team internazionale, di cui ha fatto parte l’ing. Chandrakanta Ojha, ha partecipato alla sfida ‘Deployable Greenhouse’, lanciata dal Kennedy Space Centre, con un progetto dal titolo "Green on the Red Planet". Il progetto prevede lo sviluppo di una serra modulare per una futura base umana auto-sostenibile su Marte capace di fornire qualità e quantità di cibo sufficienti per quattro astronauti durante il loro soggiorno sul pianeta e dotata di un sistema operativo automatico basato su vento, energia solare e nucleare, capace di fornire illuminazione e raccolta robotizzata dei prodotti.
Delle 16 squadre partecipanti in Italia, il gruppo che ha sviluppato il progetto "Green on the Red Planet", oltre ad aver raggiunto il 2° posto per il premio KSC, ha conquistato la prima posizione come vincitore locale.
Il Console statunitense Colombia Barrosse si è personalmente complimentata con l'ing. Ojha nel corso di un incontro tenutosi al consolato di Napoli prima della partenza per assistere al lancio (Leggi l'articolo apparso su "Il Mattino" l'8 novembre 2013)
Una delle attività di ricerca irea
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Tomografia radar
La capacità delle onde elettromagnetiche di penetrare corpi materiali ed…